Arte, Fotografia, Disegni e Progetti di Architettura Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
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Biografia dell'autore -
Biografia dell'autore

Mario Ridolfi (Roma 1904 - Marmore (Terni) 1984), maestro riconosciuto dell'architettura italiana del '900, ne ha attraversato per quasi sessant'anni le vicende con una traiettoria creativa tutta personale, spesso non alli-neata alle tendenze e agli orientamenti prevalenti nei diversi periodi.

Nato in una famiglia di artigiani impegnati nell'edilizia, si laurea nel 1929, presso la Regia Scuola di Architettura di Roma. Qui incontra M. Fagiolo e A. Libera, coi quali condivide, tra il 1926 e il 1932 l'avvio della sua carriera progettuale. Nel 1928, ancora studente, partecipa alla I Esposizione Italiana di Architettura Razionale, dove il suo progetto per una Torre dei ristoranti preannuncia un'idea di architettura che reinterpreta in senso dinamico figure e segni della tradizione.

Nel 1930 vince il Pensionato Artistico Nazionale di Architettura; con questa borsa di studio effettua un viaggio di studio in Germania e Svizzera che si rivelerà importante per la sua fase di formazione. Al 1932 risalgono i primi incarichi di prestigio, risultato entrambi di vittorie in concorsi: la fontana di piazza Tacito a Terni e il palazzo delle poste di piazza Bologna a Roma, progetto questo che segna la fine della collaborazione con Fagiolo e l'inizio del lungo sodalizio con W. Frankl, architetto tedesco con il quale condividerà larga parte della sua futura attività professionale. Queste due opere e le successive palazzine Rea (1934) e Colombo (1936) e l'Istituto Tecnico Bordoni di Pavia (1935), nel quale si registra la collaborazione di K. Wachsmann, lo impongono all'attenzione come progettista affidabile e accurato, capace di declinare con maturità e sapienza costruttiva un lessico moderno privo di asprezze avanguardistiche.

Gli anni della guerra lo vedono impegnato sul fronte manualistico, un filone di ricerca che dalla metà degli anni '30 corre parallelo all'attività progettuale, sorta di vaso comunicante nel quale rifluiscono le riflessioni nate dal lavoro sul progetto, che rende conto di un'attitudine analitica tutta "moderna" ad indagare sin nelle pieghe più recondite il manufatto edilizio. Frutto di questi studi, rimasti in larga parte inediti è il Manuale dell'Architetto (1945-'46). Su «Stile», nel 1943, Gio Ponti, tracciando un primo bilancio del lavoro di Ridolfi, ne sottolinea la serietà nell'approccio al progetto e il pieno possesso del "mestiere", temi che la critica toccherà costantemente anche negli anni a seguire.

Nell'immediato dopoguerra Ridolfi è uno dei protagonisti di primo piano del dibattito architettonico nazionale: membro dell'APAO è direttore insieme a Luigi Piccinato della rivista «Metron».

Con il ritorno di Frankl dall'Inghilterra, nel 1947, dove si era rifugiato dopo l'emanazione delle leggi razziali in Italia, si avvia una serrata attività professionale, prevalentemente concentrata sul tema della residenza, che si protrae sino alla soglia degli anni '60. Una fase che coincide con un periodo di grande fortuna critica per l'ar-chitetto, le cui realizzazioni trovano spesso spazio su «Casabella-continuità», «Metron», «L'architettura crona-che e storia», «Comunità».

Il progetto di concorso per il fabbricato di testa della Stazione Termini (1947), i quartieri INA-Casa di Terni (1949), di Cerignola, del Tiburtino (entrambi del 1950-'51), opere simbolo della stagione neorealista, le torri INA-Assicurazioni di viale Etiopia a Roma (1952), la sopraelevazione Alatri, le palazzine Zaccardi, Mancioli e INAIL, realizzate anch'esse a Roma tra il 1950 e il '54, le case Luccioni, Chitarrini e Franconi di Terni, gli edifici carcerari di Nuoro e Cosenza, gli asili di Poggibonsi e di Ivrea sono solo alcune tappe di un itinerario creativo fatto di opere di qualità, puntigliosamente curate nei dettagli, che rileggono gli etimi della tradizione, reinterpre-tandoli in più di un'occasione in chiave espressionista. Itinerario che, relegato spesso dalla critica nella sfera di un artigianato romantico e popolaresco, rende conto piuttosto di una lucida capacità di confrontarsi con i con-testi produttivi con un realismo estremo.

Un grave incidente stradale del quale è vittima nel 1961 segna il passaggio a una fase meno concitata del suo lavoro, che prelude agli anni del lavoro solitario a Marmore, nei dintorni di Terni.

Casa Lina (1966) che l'architetto costruisce per sé proprio a Marmore apre un periodo fecondo nel quale la manipolazione funambolica di geometria e materia è all'origine di progetti come quello per il Motel Agip a Set-tebagni, rilettura sofferta e problematica della torre dei ristoranti del 1928, o per le ville del cosiddetto "ciclo delle Marmore", ma anche del progetto per gli uffici comunali di Terni, il "Bidone", che chiude la sua carriera di progettista, metafora, nella sua gestazione ventennale, di una tensione, e di un'ansia conoscitiva che tende-rebbe a non chiudere mai il processo progettuale.

Due numeri monografici di «Controspazio» a lui dedicati nel 1974, una importante mostra ternana nel 1979, una personale alla Biennale di Venezia del 1980 riportano il suo lavoro al centro dell'attenzione, interesse critico che ha prodotto negli ultimi venti anni una quantità innumerevole di pubblicazioni.

Valerio Palmieri